mercoledì 25 agosto 2010

L'INGANNO DELLA RU 486

Ru486, quattro anni dopo. Cos’è cambiato?



mercoledì 25 agosto 2010


Ieri, al Meeting di Rimini, Eugenia Roccella ed io abbiamo presentato per la prima volta la nuova edizione del nostro libro La favola dell’aborto facile – miti e realtà della pillola Ru486(ed. Franco Angeli). Abbiamo scelto di parlarne al Meeting insieme a Giancarlo Cesana, come quattro anni fa, quando, nell’agosto del 2006, il Meeting ci offrì l’occasione di presentare la prima edizione, fresca di stampa.

Eugenia Roccella lavorava come saggista e giornalista, ed era una firma de Il Foglio e di Avvenire; io, docente di Chimica Fisica all’Università di Perugia, collaboravo agli stessi quotidiani. Ci eravamo interessate alla pillola abortiva per tutto l’inverno precedente, quando ancora c’era la sperimentazione in Italia: insieme avevamo scoperto che almeno tredici donne erano morte dopo aver abortito per via farmacologica, nel silenzio della stampa europea.

Avevamo esaminato praticamente l’intera letteratura scientifica in merito, deducendone che l’aborto con la Ru486 era più lungo, doloroso, incerto e pericoloso di quello solitamente praticato, e che la sua diffusione era possibile solo con un forte sostegno di medici e politici. Ma soprattutto avevamo capito che il vero obiettivo dei suoi sostenitori era introdurre, insieme alla pillola, l’aborto a domicilio, trasformandolo in una personalissima pratica privata, da effettuare fra le mura di casa.


Con quella presentazione, quattro anni fa, insieme a Giancarlo Cesana, la battaglia contro la Ru486 uscì dalle pagine dei giornali e iniziò ad essere conosciuta e condivisa da tanti, a cominciare dal popolo del Meeting. E’ stato quell’incontro che ha segnato l’inizio della mobilitazione pubblica e capillare contro l’aborto fai-da-te.


Non avrei mai potuto immaginare, allora, che quattro anni dopo sarei tornata con un testo aggiornato, insieme alle stesse persone, ma in tutt’altro contesto: nel 2007 Eugenia Roccella è stata portavoce del Family Day, mentre io sono entrata a far parte del Comitato Nazionale per la Bioetica. L’anno successivo, il 2008, Eugenia Roccella è stata eletta deputato nelle liste del PdL, ed è diventata sottosegretario al Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, con deleghe ai cosiddetti “temi etici”, e cioè, fra l’altro, salute materno-infantile, aborto, procreazione medicalmente assistita, fine vita.


Con Maurizio Sacconi prima, e Ferruccio Fazio poi come ministri di riferimento, la Roccella si è dovuta occupare quindi anche della Ru486: per ironia della sorte, l’iter per l’approvazione della pillola abortiva nel nostro paese aveva appena concluso i passaggi decisivi quando il governo attuale si è insediato, ed è toccato a lei seguirne l’ingresso in Italia.

Abbiamo deciso insieme di aggiornare il libro, quindi, raccontando cosa è successo in questi quattro anni, attorno alla Ru486: l’appoggio politico nel precedente governo che ne ha deciso la commercializzazione nel nostro paese, ma anche un congresso americano che ha cercato – invano – di far luce su alcune delle morti a seguito di aborto farmacologico. Poi il drammatico aggiornamento dei decessi, e ancora l’indagine parlamentare e l’ennesimo parere del Consiglio Superiore di Sanità che hanno consentito l’uso della Ru486 solo entro limiti ben precisi, cioè a condizione che l’aborto avvenga in regime di ricovero ordinario, in ospedale.

Abbiamo scelto di non cambiare niente del testo precedente, ma solo di aggiungere i fatti nuovi: l’esperienza di questi anni ha confermato tutto quello che avevamo già scritto, e cioè che la pillola abortiva non è soltanto una nuova procedura, ma una pericolosa svolta dal punto di vista culturale ed educativo, per ciò che riguarda l’aborto. Per questo ce ne continuiamo ad occupare, e abbiamo voluto farlo ritornando al Meeting, da dove il nostro cammino è partito, per poterlo proseguire insieme ai tanti che ci hanno seguito fin da allora.

fonte: www.ilsussidiario.net

martedì 24 agosto 2010

IL MOVIMENTO PER LA VITA AL MEETING!!!

IL MOVIMENTO PER LA VITA AL MEETING DI RIMINI


Carissimi,

si apre domani a Rimini il Meeting2010 (si concluderà il 28), appuntamento tradizionale per il mondo cattolico ed il mondo giovanile. Ma tradizionale anche per il Movimento per la vita che realizzerà uno stand, come tutti gli anni, destinato a diventare punto di passaggio e di incontro per migliaia di persone. Un punto per dare e scambiarsi informazioni. Un punto per dialogare con il Movimento per la vita ed i suoi responsabili. Un punto per ascoltare ed interrogare ospiti e personalità di spicco.
Momento qualificante della presenza del Movimento al Meeting è costituito dagli incontri che saranno realizzati presso lo stand in genere nello spazio pomeridiano. Eccone un elenco (l'elenco è ancora provvisorio e non può essere altrimenti vista la caratteristica di questi incontri che è quella di essere flessibili e di "pronta risposta" ad eventi interni ed esterni al Meeting


  • Lunedì 23 agosto (ore 15.00-17.00) Le Culle per la vita; il progetto Pollicino
  • Lunedì 23 agosto (ore 19:00) presentazione del libro di Carlo Casini "Le cinque prove dell'esistenza dell'uomo"
  • Martedi 24 agosto (ore 15.00-17.00) L'azione di Progetto Gemma, l'esperienza di Semi di Pace
  • Mercoledi 25 agosto (ore 15.00-17.00) spettacolo: Il mondo di Lucy
  • Giovedi 26 agosto (ore 15.00-17.00) Legge 194, la sua applicazione e obiezione di coscienza (il caso Puglia)
  • Venerdi 27 agosto (ore 15.00-17.00) I giovani del Mpv incontrano i giovani del Meeting

La speranza è che il popolo della vita sia il primo coinvolto dalla presenza di questa stand. E che molti vengano a trovarci

SE L'ABORTO DIVENTA UN BENEFIT AZIENDALE

MARIE STOPES INTERNATIONAL L'HA INSERITO NEI BENEFIT PER I DIPENDENTI

Aborto in busta paga

Torna alla ribalta Marie Stopes International, l’organizzazione abortista britannica che si ispira alla celebre razzista ammiratrice del Führer. Dopo la controversa pubblicità televisiva pro aborto, e lo scandaloso appoggio alla politica cinese del figlio unico (il famigerato jihua shengyu), gli eugenisti londinesi di Conway Street hanno stupito il mondo con un’ultima trovata. L’organizzazione ha deciso, infatti, di concedere ai propri dipendenti – 430 unità che operano nei nove centri del Regno Unito –, un benefits package, ovvero una serie di servizi agevolati, come parte accessoria della prestazione lavorativa. Una sorta di premio produzione in natura.

Si tratta di abbonamenti scontati a palestre e centri benessere, di viaggi a tariffe ridotte, della possibilità di partecipare a programmi dietetici a prezzi agevolati, e simili amenità. Fin qui nulla di male. Il punto è, però, che nel pacchetto di quei servizi rientra anche l’aborto gratuito.
Sì, ai dipendenti di Marie Stopes International, ai propri partner e ai relativi figli, viene offerta come benefit, la possibilità di accedere gratis al core business dell’organizzazione: aborto, sterilizzazione maschile e femminile, e
family planning.

Colpisce la motivazione di simile generosità nei confronti dei dipendenti, che vengono espressamente premiati da Marie Stopes International proprio per la loro
«dedication, passion and hard work». Dedizione, passione e duro lavoro nel procurare aborti. Il tono, davvero macabro, più che ricordare il freddo umorismo inglese, fa venire in mente il Galgenhumor, l’ilarità patibolare germanica. La dedizione e la passione dei dipendenti nel dare la morte, viene premiata con la morte, ovvero con l’accesso gratuito per gli stessi dipendenti e familiari all’eliminazione dei figli indesiderati.

Mors mortem invocat, verrebbe da dire.
L’aspetto drammatico – che ha in realtà ha poco di umoristico – coinvolge il tentativo di banalizzare una tragedia umana com’è quella dell’interruzione di una gravidanza.
In questo processo ideologico di
trivialization, si è ora arrivati a porre sullo stesso piano l’abbonamento agevolato a una palestra con lo sconto sull’eliminazione di un essere umano. Ed è persino passata l’idea che l’aborto possa far parte di un servizio accessorio alla retribuzione di un lavoratore dipendente. Qui, in realtà, siamo oltre l’ideologia. Si tratta di mero cinismo affaristico, di puro business, di avida speculazione sulle difficoltà, i bisogni e i desideri degli esseri umani.

Marie Stopes International pratica circa 65mila aborti l’anno, più o meno il 30% di tutti gli aborti realizzati nell’Inghilterra e nel Galles, con un vorticoso giro d’affari che porta nelle casse dell’organizzazione circa 100 milioni di sterline l’anno, un terzo delle quali proviene da fondi pubblici, a titolo di rimborso per "servizi sanitari in campo sessuale e riproduttivo". Anche qui, come spesso accade, dietro tanti bei proclami che inneggiano alla salute della donna, alla sua libertà sessuale, all’emancipazione femminile, all’inarrestabile progresso scientifico, si celano, in realtà, interessi economici multimilionari. Ma è una società malata quella in cui si accetta il principio che per l’avidità di pochi possano essere eliminati esseri innocenti e indifesi. La storia ha insegnato che l’avidità porta inevitabilmente al sopruso, e che tutte le scelte contrarie al diritto naturale non tardano a presentare, prima o poi, un conto salato.
Gianfranco Amato
FONTE: www.avvenire.it

ABORTO E COSTITUZIONE USA

Snead (Usa): i fautori dell'aborto tradiscono la Costituzione americana



martedì 24 agosto 2010


Perché negli Stati Uniti ciascuno dovrebbe avere a cuore chi ancora non è ancora nato? La risposta è, credo, abbastanza semplice, e chiede che vengano svolte due premesse. Primo, gli Stati Uniti, come diverse altre nazioni e popoli di buona volontà, sono vincolati a un forte principio normativo di uguaglianza tra gli uomini.

Il rispetto per l’eguale dignità degli uomini è scritto nei nostri strumenti fondativi della nazione, vale a dire la nostra Costituzione e la Dichiarazione d’indipendenza. Siamo vincolati all’affermazione che tutti i popoli sono creati uguali. Nel mio Paese è stata combattuta una dura guerra civile in nome di questo principio. A dirla tutta, in America non abbiamo saputo vivere ai livelli richiesti da questa affermazione, e l’abbiamo violata, e nei modi più gravi, in molte occasioni. Senza dubbio anche in futuro ci saranno occasioni in cui non onoreremo questo principio. Però questo è lo standard a cui, senz’ombra di dubbio, come bene centrale, ci siamo impegnati a tenere fede.

Un aspetto cruciale di una tale concezione di uguaglianza è il fatto che essa sia pre-politica. Si tratta di una caratteristica intrinseca della persona umana: non è uno status che può essere attribuito o tolto dal governo. Questo aspetto chiave del principio di uguaglianza merita una riflessione più calma. Consideriamo le alternative. Se l’uguaglianza fosse semplicemente una nozione contingente, se un governo potesse, secondo i propri interessi, allargare o negoziare lo spettro di chi debba essere considerato persona, non vi sarebbe affatto uguaglianza. La frase “rispetto per l’uguaglianza”, perché abbia qualche significato, implica che debba esserci un contrappeso al potere del sovrano.

Non inganniamoci, ci sono molti pensatori che attraverso la storia hanno difeso l’idea corrotta che sia il governo a conferire gli status morali e a garantire (e quindi anche a togliere) i diritti dell’uomo. Queste persone guardano lo status morale, la questione umana, e la protezione giuridica, come qualcosa di ormai acquisito o conquistato. Sistematicamente, in questi approcci, è poi il forte che stabilisce gli standard che devono essere soddisfatti per meritare una considerazione morale e una protezione giuridica, standard stabiliti secondo i propri bisogni e i propri desideri.


Prendiamo un grande pensatore come il Professore Ronald Green, un bioeticista molto influente in America, che sostiene esplicitamente che la personalità - il massimo status morale - è una designazione conferita ad altri dai normo-dotati a seconda di quanto maggiormente porti beneficio ai loro interessi.

In questa visione, lo status morale (e le protezioni che comporta) cresce e diminuisce secondo il giudizio degli altri, alla luce di criteri fisici, mentali od occasionali che alcuni possono stabilire. Ciò colpisce il principio di uguaglianza alla sua testa, dando un privilegio alle pretese del più forte sul più debole. Questo principio di personalità contingente porta a conseguenze pratiche mostruose - incluso, per esempio, che le persone vengono valutate su una scala variabile di parametri morali e giuridici, a seconda della loro abilità cognitiva, della loro utilità, forza e così via. Questa nozione è manifestamente opposta e non conciliabile con una concezione piena di uguaglianza.

Così, la prima premessa necessaria per capire perché ci si debba occupare delle vite di chi ancora non è venuto alla luce, è avere in mente questa concezione piena e non monca di uguaglianza.

La seconda premessa è che chi non è ancora nato è senza dubbio parte della specie umana. L’embriologia moderna conferma la proposizione che i non nati sono già organismi umani in tutto, completi, auto-diretti, integrati, i quali, benché immaturi, si muoveranno lungo una traiettoria senza soluzione di continuità dallo stato di embrione, a quello di feto, di neonato, di bambino, di adolescente, di adulto - a condizione che ad essi sia dato un adeguato nutrimento ed ambiente circostante. Neppure il fatto che vi sia un “gemellaggio” tra embrioni, o che vi è un apparente alto tasso di perdita di embrioni nell’utero sminuisce la proposizione che dallo zigote (fase di una cellula) in poi, l’embrione umano è un organismo vivente appartenente alla speciehomo sapiens.

Se combiniamo l’unica concezione difendibile dell’eguaglianza umana, la prima premessa, con il fatto ovvio che chi non è ancora nato fa parte della famiglia umana, la seconda premessa, arriviamo a una chiara conclusione normativa: i non nati sono titolari del rispetto morale fondamentale, ed essi non possono essere usati, o distrutti, per il beneficio di altri.

A maggior ragione, essi non possono essere mai uccisi intenzionalmente, anche se potrebbero essere più utili per noi da morti che da vivi, anche se sono piccoli, indifesi, e non ci sembrano così familiari come lo sarebbero dei fratelli o delle sorelle. Anche nei casi in cui tali persone sono destinate a morire comunque, non dovremmo mai desiderare la loro morte per i nostri fini. Non dovremmo mai spegnere le loro vite perché sono un ostacolo ai nostri desideri. Non dovremmo mai ucciderli perche giudichiamo le loro vite non più degne di essere vissute.


Inoltre, le loro vite non possono lasciarci indifferenti. Abbiamo un obbligo di proteggerli da abusi e negligenza. Il non farlo costituisce una grave ingiustizia.

In breve, il valore fondamentale morale e giuridico di ogni membro delle specie umana non deve mai dipendere dalla sua taglia, età, posizione, condizione di dipendenza, utilità o gravosità per una società, o dal valore a lei assegnato da altri secondo i loro desideri. Per i cristiani, questa ingiunzione deve avere una risonanza speciale. Sono dei nostri fratelli e sorelle, fatti ad immagine di Dio, e Cristo morì per loro. I più deboli e i più vulnerabili hanno una pretesa speciale verso di noi. Come ha giustamente osservato Hans Jonas, «una vulnerabilità totale esige una protezione totale».


fonte: www.ilsussidiario.net

lunedì 23 agosto 2010

VITTORIA PRO LIFE!!!

GIUDICE AMERICANO BLOCCA I FONDI PER LA RICERCA SULLE STAMINALI EMBRIONALI!!!


Una corte distrettuale ha emanato un'ingiunzione preliminare che blocca i finanziamentipubblici per gli studi sulle cellule staminali embrionali perché prevedono la distruzione di embrioni umani. I giudici hanno accolto un ricorso depositato in giugno da un ricercatore contrario al via libera concesso da Barack Obama.


Secondo il giudice le nuove norme annunciate dalla amministrazione Obama in materia non garantiscono che non siano distrutti embrioni umani. Il giudiceRoyce Lamberth afferma che quella sulle staminali «è chiaramente una ricerca dove un embrione è distrutto». L'azione legale è stata intentata contro il National Institute of Health ed è appoggiata da alcuni gruppi cristiani contrari alla ricerca sugli embrioni.


Era il 9 marzo del 2009 quando Barack Obama disse sì alla ricerca sulle cellule staminali ricavate da embrioni umani, pagata coi fondi pubblici. Una decisione che il presidente aveva preso, sosteneva, in pieno accordo con la propria fede religiosa, rifiutando le «false distinzioni» dell'amministrazione Bush fra scienza e valori morali. «Le restrizioni sui finanziamenti federali per la ricerca sulle cellule staminali saranno eliminate», aveva detto il presidentedegli Stati Uniti.


Obama consentiva la ricerca federale su tutte le colonie di staminali già esistenti, ma non, ad esempio, l'estrazione di nuove staminali dagli embrioni sovrannumerari. L'ordine esecutivo - l'equivalente di un decreto presidenziale - non legifera ex novo, ma si limita a precisare le volontà presidenziali sulleleggi esistenti. Sul tema, le leggi erano due.


La prima, col nome di Dickey-Wicker risale al 1996; da allora i parlamentari l'avevano rinnovata ogni anno. Metteva al bando laricerca finanziata da soldi pubblici sia se mirava a creare embrioni umani (come avviene regolarmente nelle cliniche per lafecondazione assistita) sia se rischiava di distruggere,eliminare o danneggiare embrioni.


Nel 2001, con un compromesso accuratamente limato, il presidente Bush aveva accettato il principio che il denaro pubblico può essere usato per la ricerca soltanto se effettuata utilizzando un piccolo numero di colonie di staminali (21 in tutto) già esistenti perché già estratte prima dell'agosto diquell'anno. Questa è la norma che Obama aveva revocato, consentendo la ricerca pubblica su tutte le linee di staminaliprodotte nel frattempo dai laboratori privati.

SACCONI, MEETING E BIOETICA

Il ministro Sacconi al Meeting:
su bioetica governo in maggioranza

Sui temi della bioetica e «della biopolitica, il governo ha una posizione, ed è convinto che su quelle posizioni c'è una maggioranza parlamentare anche più ampia di quella che usualmente lo sostiene»: lo ha detto questa mattina il ministro del Welfare Maurizio Sacconi a margine del Meeting di Rimini. Sacconi ha ribadito di non «avere mai parlato di verifica di governo sulla biopolitica. Ho sempre e solo detto che la biopolitica è oggettivamente all'ordine del giorno e che, piaccia o non piaccia bisognerà trovarsi di fronte a problemi come la pillola dei cinque giorni dopo, l'aborto farmacologico, il rapporto tra vita e morte e tra ricerca ed etica. Su tutti questi temi – ha puntualizzato il ministro – il governo ha una posizione ed è convinto che su di essa c'è una maggioranza parlamentare anche più ampia di quella che usualmente sostiene il governo».

Il ministro è intervenuto anche su temi economici: Sacconi ha confermato di condividere la proposta del leader della Cisl Raffaele Bonanni per una partecipazione dei lavoratori agli utili di Fiat. "Parlare di meno Stato e più società - osserva il ministro del Welfare al Meeting di Cl - significa parlare di Pomigliano, di un grande investimento che si realizza non con un incentivo pubblico ma con quanto è realizzato dalla disponibilità dei lavoratori ad una maggiore produttività. A mio avviso, questi lavoratori acquisiscono il titolo a condividere un domani i risultati delle loro fatiche non solo in termini di salario fisso contrattuale, ma anche di salario collegato ai risultati dell'attività aziendale"

Domenica, l'intervento di Corrado Passera
Un monito alla politica: l'Italia ha "forze enormi" per reagire, "può essere un modello", ma rischia disoccupazione e povertà. È necessario "mettere il tema della crescita economica, e di cosa bisogna fare per crescere, al primo posto dell'agenda politica". Così il banchiere Corrado Passera invita il mondo politico "ad aver coraggio, innovare, cambiare". A pensare "alto". E in una fase della vita politica del Paese in cui gli occhi sono puntati su chi potrebbe scendere in campo, anche dal mondo degli affari, chiarisce: sono parole che nascono da "una indignazione propositiva", è un ruolo di stimolo che "non va in nessun modo letto in maniera politica e partitica".

Sono comunque parole nette quelle che il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo lancia parlando alla platea del Meeting di Rimini. Corrado Passera chiarisce che non vuole entrare nel dibattito di stretta attualità sull'opportunità o meno di elezioni anticipate. Ma avverte: se si dovesse andare al voto la politica deve presentarsi al Paese con "una visione di sistema", con "scelte e proposte serie e concrete su temi come lo sviluppo e l'occupazione. E non sulle miserie di questo periodo". Ma "solo il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dovrà e potrà valutare, al momento giusto, se si deve andare alle elezioni".

Il Paese deve reagire, ha la forza per farlo: "Spesso ci dimentichiamo quante forze abbiamo e possiamo mettere in campo, forze enormi". Dopo aver retto la crisi e fatto riforme "meglio di altri", e con i conti pubblici in ordine, dice Passera, dobbiamo "convincerci che ci sono cose che possiamo fare per crescere di più": come su scuola e istruzione; investimenti per le infrastrutture trovando risorse da lotta agli sprechi e soldi non spesi; difficoltà per le imprese come sul fronte di sicurezza e corruzione. E sulla Giustizia, con "riforme forti e rispettose della Costituzione". In Italia "c'è più un problema di processo decisionale imballato che non di risorse. Un problema di coraggio politico, di intelligenza organizzativa. Serve un ripensamento su come funziona il Paese". Quella di Passera è una chiamata ad assumersi responsabilità rivolta "a tutta la classe dirigente". Ma bisogna anche "dividere, nel mondo della politica, chi si prende delle responsabilità e fa delle scelte e chi invece dice di attendere". Sul tema della crescita "ci giochiamo tantissimo: non possiamo non crescere o crescere poco, perchè con questo livello di crescita non si crea occupazione.

Ed il lavoro è il tema numero uno". Ma "dobbiamo crescere anche perchè c'è povertà, anche da noi". Il paese ha bisogno di "disponibilità ad innovare, disponibilità a cambiare, il coraggio di pensare alla grande. Responsabilità prima di tutto della politica ma anche dell'intera classe dirigente. Quindi, di tutti noi".