L’argomento che stiamo per affrontare è estremamente lungo e complesso, con miriadi di sfaccettature che non possono essere affrontate in un unico articolo.
Per questo motivo, è stato scelto un approccio di tipo etico – giuridico, che si propone di provare a far chiarezza su alcuni punti della questione, senza avere alcuna pretesa di esaurirla (si consiglia, per approfondimenti specifici, la lettura del Quaderno di Scienza&Vita “Né accanimento né eutanasia”).
La questione tanto complessa è quella del cosiddetto “testamento biologico”, per alcuni semplice strumento di libertà del paziente, per altri vera e propria bandiera ideologica, adattissima a celare disegni ben più ampi.
Il dibattito è stato sollevato ed accelerato dai casi mediatici magistralmente proposti e gonfiati dal Partito Radicale, che come ai tempi della battaglia per l’aborto cerca di girare a suo favore l’opinione pubblica puntando sul “caso pietoso”, capace di commuovere la popolazione e spingere le istituzioni rappresentative, per non perdere il consenso su cui basano la propria legittimazione, ad agire.
Tutto ciò però fa a pugni con la dottrina giuridica: una fonte primaria del diritto (ad esempio, una legge) si caratterizza per generalità, astrattezza ed innovatività. Ed evidentemente legiferare sul singolo caso è totalmente contrario ai principi di generalità ed astrattezza.
Eppure le proposte di legge che giacciono in Parlamento sono numerose e di diversa natura.
Prima del piano giuridico, però, è bene chiarire quello etico, da cui dovrebbe discendere la norma giuridica: la vita umana è un bene indisponibile, ed è sulla tutela della vita umana che si fonda una società, come indicava il grande studioso di politica Carl Schmitt: proprio a partire dal valore fondamentale della vita umana è possibile evitare il conflitto e costruire la convivenza. A riprova di quanto affermato da Schmitt, quando si è scelto di non proteggere integralmente la vita umana si sono registrate conseguenze fortemente negative. L’ultimo esempio in ordine di tempo è dato dal risultato della tanto lodata “politica del figlio unico” cinese.
Dopo decenni di leggi opprimenti e aborti coercitivi ci si è accorti che ci sono troppi uomini e troppe poche donne (che venivano e vengono regolarmente abortite o eliminate subito dopo la nascita), con conseguenti gravi sconvolgimenti degli equilibri sociali.
E’ un caso che i primi a legalizzare rispettivamente aborto ed eutanasia, quindi a disprezzare il valore della vita umana dal concepimento alla morte naturale, siano stati sovietici e nazisti, ossia due tra i più importanti regimi totalitari?
Sul piano giuridico, l’indisponibilità della vita umana è sancita dal codice penale, che punisce l’omicidio del consenziente (art. 579 c.p.), e dal codice civile (art. 5 c.c.: “gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente dell'integrità fisica”). Attraverso tali norme, il codice fa appunto della vita umana un bene indisponibile, al pari della libertà (art. 13 cost.).
L’obiezione che solitamente si solleva è che la Costituzione, all’articolo 32, dice che “nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.
Quella costituzionale è però una tutela della libertà di scelta del cittadino, che è già garantita dall’ordinamento senza bisogno di nuove norme: un paziente in grado di intendere e di volere, infatti, può rifiutare le cure. E i pazienti incoscienti?
I sostenitori del testamento biologico dicono che sarebbe utile proprio per loro. Ma qui il problema che si pone è un altro: chi o cosa può garantire che la mia opinione rispetto ad una situazione che, al momento della compilazione del “testamento” posso solo immaginare, non muti radicalmente vivendo tale situazione?
E’ dimostrato che spesso proprio quando affrontano i passaggi più difficili della loro vita gli esseri umani sono in grado di trovare risorse fisiche e psicologiche prima inimmaginate ed inimmaginabili.
Inoltre, si sono registrati casi di pazienti apparentemente in stato di incoscienza ma in realtà in grado di capire cosa avveniva intorno a loro e di pensare, dunque anche capaci di cambiare idea rispetto ad un ipotetico “testamento biologico”: chi si prende la responsabilità verso costoro? Nel dubbio, non bisogna sempre scegliere la vita?Infine bisogna fare i conti con il Giuramento di Ippocrate: i difensori della nostra salute giurano di “non compiere mai atti idonei a provocare la morte del paziente”.
E se qualcuno nel testamento scrivesse di staccargli la spina? In realtà, il rapporto medico-paziente, come spesso sottolinea Mario Melazzini (medico e malato di SLA) non è di tipo contrattuale, ma ispirato dalla fiducia reciproca. Il testamento biologico “modello Veronesi” lo ridurrebbe ad semplice rapporto giuridico, e renderebbe certamente ben più difficile al medico fare il suo lavoro.
Attenzione però a non generalizzare: se limitata, ben impostata e soprattutto non vincolante per il medico, una dichiarazione anticipata delle volontà (che ovviamente non potrebbe contenere richieste di eutanasia, né attiva né passiva) potrebbe non essere del tutto negativa. Ma certamente quello attuale non è il parlamento adatto ad emanare una legge di questo tipo, e soprattutto, nonostante la propaganda radicale, non si sente il bisogno di una legge in materia: le priorità sono ben altre, e l’accanimento terapeutico (ossia l’eccessivo uso di terapie in malati che non ne traggono giovamento) è già vietato.
Il rischio che attualmente si corre è che, come in Olanda, partendo dal caso pietoso si arrivi all’eutanasia (ossia all’anticipazione deliberata della morte del paziente), negando il valore fondamentale della vita umana, che non perde mai la sua dignità. Visto il pericolo, meglio fermarsi prima.
Federico Trombetta
Il blog del Movimento per la Vita dell' Università Cattolica di Milano. La dignità della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale. Notizie, informazione, attività, discussione
venerdì 31 agosto 2007
mercoledì 29 agosto 2007
ABORTO E EUGENETICA
DICHIARAZIONE DELL'ON. CARLO CASINI PRESIDENTE DEL MOVIMENTO ITALIANO PER LA VITA IN MERITO ALL'ABORTO SU DUE GEMELLI EFFETTUATO A MILANO
L'episodio di Milano prova, ancora una volta, un effetto negativo della legge n. 194/1978 che, forse, gli autori della legge non volevano ma che l'equivocità dell'art. 6 non riesce ad evitare. Nonostante apparentemente che non sia consentito l'aborto eugenetico, è oramai accettata l'idea che si possa discriminare tra esseri umani. L'aborto è sempre un male, ma la selezione embrionale aggiunge ingiustizia ad ingiustizia, tanto più se ricordiamo che ci sono famiglie disposte ad adottare un bambino down e che il mongolismo consente oggi di condurre una vita felice. L'errore di Milano è venuto alla luce per l'eccezionalità del caso. Sarebbe rimasto nascosto se la gravidanza non fosse stata gemellare. Purtroppo l'errore diagnostico e l'errore tecnico nell'aborto sono frequenti. Essi sono stati evidenziati nei casi eccezionali di bimbi sopravvissuti per qualche tempo all'I.V.G. (a Milano, a Firenze, a Sassari ecc. ecc.), ma nulla sappiamo negli altri casi ben più numerosi di aborti c.d. "terapeutici". L'esperienza dei Centri di Aiuto alla Vita e del servizio telefonico "Telefono Rosso" (063050077) prova l'errore diagnostico in molti casi in cui la gravidanza, nonostante la previsione di malformazioni, e l'autorizzazione all'I.V.G., è proseguita a causa dell'aiuto offerto alla donna. Da tempo il Movimento per la Vita sostiene la necessità di rendere obbligatorio il riscontro diagnostico su ogni feto vittima del c.d. aborto "terapeutico". I risultati dovrebbero essere comunicati al Ministro della Salute perché ne possa riferire ogni anno al Parlamento. E' giunta l'ora di un ripensamento complessivo sulla legge 194/1978, ma intanto il riscontro diagnostico potrebbe essere preteso come una semplice circolare ministeriale. La legge 194/1978 resta ingiusta nel suo nucleo essenziale ma, almeno, modifichiamone la sua applicazione eliminando l'equivocità delle sue parole.
L'episodio di Milano prova, ancora una volta, un effetto negativo della legge n. 194/1978 che, forse, gli autori della legge non volevano ma che l'equivocità dell'art. 6 non riesce ad evitare. Nonostante apparentemente che non sia consentito l'aborto eugenetico, è oramai accettata l'idea che si possa discriminare tra esseri umani. L'aborto è sempre un male, ma la selezione embrionale aggiunge ingiustizia ad ingiustizia, tanto più se ricordiamo che ci sono famiglie disposte ad adottare un bambino down e che il mongolismo consente oggi di condurre una vita felice. L'errore di Milano è venuto alla luce per l'eccezionalità del caso. Sarebbe rimasto nascosto se la gravidanza non fosse stata gemellare. Purtroppo l'errore diagnostico e l'errore tecnico nell'aborto sono frequenti. Essi sono stati evidenziati nei casi eccezionali di bimbi sopravvissuti per qualche tempo all'I.V.G. (a Milano, a Firenze, a Sassari ecc. ecc.), ma nulla sappiamo negli altri casi ben più numerosi di aborti c.d. "terapeutici". L'esperienza dei Centri di Aiuto alla Vita e del servizio telefonico "Telefono Rosso" (063050077) prova l'errore diagnostico in molti casi in cui la gravidanza, nonostante la previsione di malformazioni, e l'autorizzazione all'I.V.G., è proseguita a causa dell'aiuto offerto alla donna. Da tempo il Movimento per la Vita sostiene la necessità di rendere obbligatorio il riscontro diagnostico su ogni feto vittima del c.d. aborto "terapeutico". I risultati dovrebbero essere comunicati al Ministro della Salute perché ne possa riferire ogni anno al Parlamento. E' giunta l'ora di un ripensamento complessivo sulla legge 194/1978, ma intanto il riscontro diagnostico potrebbe essere preteso come una semplice circolare ministeriale. La legge 194/1978 resta ingiusta nel suo nucleo essenziale ma, almeno, modifichiamone la sua applicazione eliminando l'equivocità delle sue parole.
mercoledì 8 agosto 2007
QUARENGHI
Life Happening 2007
L’onda scivola, piano piano, sulla spiaggia. E l’acqua si disperde, bagnando i piccolo granelli di sabbia. Sopra, il cielo scuro è punteggiato di stelle.Tutto attorno, volano leggere le note di una canzone che, nate dalle corde tese della chitarra, riempiono il cielo e si librano sopra le onde. In spiaggia c’è un gruppo di persone.
I ragazzi che cantano e suonano, avvolti nei teli da mare per proteggersi dal freddo della notte abruzzese, sono i giovani del Quarenghi. I giovani del Movimento per la Vita. La porta verso il futuro.Siamo quelli che, da tutta Italia, hanno deciso che passare una settimana a parlare di vita non è sprecare una settimana di vacanza.Siamo quelli che la mattina si svegliano (più o meno) alle otto per sentir parlare di vita, di uomo e di dignità umana. Siamo quelli che magari ogni tanto fanno “riposare gli occhi” durante una conferenza, ma che possono farlo perché tutto ciò che viene detto in questo Quarenghi resterà scritto nel nostro cuore.Siamo quelli che magari chiacchierano, ma lo facciamo per stringere amicizie che non dimenticheremo.Siamo quelli che ascoltano, perché sappiamo di non sapere. E siamo anche quelli che cercano, che si domandano, perché una meta, nella vita, si deve pur avere.Siamo quelli che applaudono non per convenienza, ma con sincerità e gratitudine. E siamo quelli che si commuovono, quando una storia ci tocca il cuore.Siamo quelli che ridono e scherzano, che fanno le scenette la sera finale, ma quando c’è in ballo una persona e la sua vita siamo i primi ad essere seri.Siamo quelli che, quando sentono parlare Pino o Casini, si ricordano che la politica non è solo una “casta”.Siamo quelli che si sono alzati tutti insieme a tributare il giusto omaggio a Leo ed a quelli che hanno lavorato con lui, e che ci hanno regalato una quantità incalcolabile del loro tempo e della loro esperienza.
Vogliamo essere come una canzone cantata una notte sulla spiaggia: sembra che non vada oltre il cerchio di persone infreddolite, ma le sue note si propagano per tutto il mare e fino al cielo, e sfidano la notte che tutto ricopre con il suo silenzio ed il suo buio.
Vogliamo essere come le stelle del cielo: ciascuna di loro è una piccola luce dispersa nell’oscurità del cosmo. Tutte insieme sono uno spettacolo che non ci si stanca mai di ammirare, e che illumina la notte in attesa dell’aurora.
Vogliamo essere come l’onda del mare che arriva sulla spiaggia sabbiosa: sembra che non faccia nulla, sembra che tutto il suo impeto, la sua passione, finiscano per perdersi di fronte alla sabbia. Ma l’acqua penetra nella sabbia, comincia a smuoverla, e poco a poco, magari in mesi o anni, l’onda muove la sabbia, la sposta dalla sua posizione, la accoglie tra le sue braccia. Una sola onda non muove che pochi granelli, centinaia di onde muovono chili di sabbia.
Vogliamo essere come il bambino che cerca di salvare migliaia di stelle marine ributtandole in mare una ad una. Forse non cambieremo il mondo, ma almeno per qualcuno vogliamo fare la differenza.
Vogliamo essere testimoni di vita, quelli che quotidianamente, nelle università e nelle scuole, nelle città e nei paesi, MUOVONO LA VITA.
Federico Trombetta
L’onda scivola, piano piano, sulla spiaggia. E l’acqua si disperde, bagnando i piccolo granelli di sabbia. Sopra, il cielo scuro è punteggiato di stelle.Tutto attorno, volano leggere le note di una canzone che, nate dalle corde tese della chitarra, riempiono il cielo e si librano sopra le onde. In spiaggia c’è un gruppo di persone.
I ragazzi che cantano e suonano, avvolti nei teli da mare per proteggersi dal freddo della notte abruzzese, sono i giovani del Quarenghi. I giovani del Movimento per la Vita. La porta verso il futuro.Siamo quelli che, da tutta Italia, hanno deciso che passare una settimana a parlare di vita non è sprecare una settimana di vacanza.Siamo quelli che la mattina si svegliano (più o meno) alle otto per sentir parlare di vita, di uomo e di dignità umana. Siamo quelli che magari ogni tanto fanno “riposare gli occhi” durante una conferenza, ma che possono farlo perché tutto ciò che viene detto in questo Quarenghi resterà scritto nel nostro cuore.Siamo quelli che magari chiacchierano, ma lo facciamo per stringere amicizie che non dimenticheremo.Siamo quelli che ascoltano, perché sappiamo di non sapere. E siamo anche quelli che cercano, che si domandano, perché una meta, nella vita, si deve pur avere.Siamo quelli che applaudono non per convenienza, ma con sincerità e gratitudine. E siamo quelli che si commuovono, quando una storia ci tocca il cuore.Siamo quelli che ridono e scherzano, che fanno le scenette la sera finale, ma quando c’è in ballo una persona e la sua vita siamo i primi ad essere seri.Siamo quelli che, quando sentono parlare Pino o Casini, si ricordano che la politica non è solo una “casta”.Siamo quelli che si sono alzati tutti insieme a tributare il giusto omaggio a Leo ed a quelli che hanno lavorato con lui, e che ci hanno regalato una quantità incalcolabile del loro tempo e della loro esperienza.
Vogliamo essere come una canzone cantata una notte sulla spiaggia: sembra che non vada oltre il cerchio di persone infreddolite, ma le sue note si propagano per tutto il mare e fino al cielo, e sfidano la notte che tutto ricopre con il suo silenzio ed il suo buio.
Vogliamo essere come le stelle del cielo: ciascuna di loro è una piccola luce dispersa nell’oscurità del cosmo. Tutte insieme sono uno spettacolo che non ci si stanca mai di ammirare, e che illumina la notte in attesa dell’aurora.
Vogliamo essere come l’onda del mare che arriva sulla spiaggia sabbiosa: sembra che non faccia nulla, sembra che tutto il suo impeto, la sua passione, finiscano per perdersi di fronte alla sabbia. Ma l’acqua penetra nella sabbia, comincia a smuoverla, e poco a poco, magari in mesi o anni, l’onda muove la sabbia, la sposta dalla sua posizione, la accoglie tra le sue braccia. Una sola onda non muove che pochi granelli, centinaia di onde muovono chili di sabbia.
Vogliamo essere come il bambino che cerca di salvare migliaia di stelle marine ributtandole in mare una ad una. Forse non cambieremo il mondo, ma almeno per qualcuno vogliamo fare la differenza.
Vogliamo essere testimoni di vita, quelli che quotidianamente, nelle università e nelle scuole, nelle città e nei paesi, MUOVONO LA VITA.
Federico Trombetta
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