Grottesco? Assurdo? Impietoso? Forse. Ma soprattutto inumano. Una bimba inglese affetta da una patologia incurabile è costretta a giustificare di fronte ad un tribunale il suo diritto a vivere. Come se si trattasse del contratto di affitto di una casa.
La bimba è in ospedale ed i medici, sostenendo che ulteriori cure configurerebbero un accanimento terapeutico, volevano staccare la spina. I genitori si sono opposti con tutte le forze, spinte da quell'istinto primordiale e bellissimo che si chiama amore per la creatura frutto della loro unione.
E i medici cosa fanno? Ricorrono in tribunale chiedendo la soppressione di quel piccolo essere umano gravemente malato. E il tribunale potrebbe pure dar loro ragione, condannando a morte un'innocente che pure continua a vivere. E a quanti giunti a questo punto si stessero chiedendo "ma che vita è quella?" dico: CHIEDETE AI GENITORI DI QUELLA BAMBINA! Pensate forse che nella loro fermissima volontà di opporsi alla soppressione della figlia malata vi sia qualche cosa di diverso da un grandissimo, incondizionato e gratuito amore?
La deriva etica di una società che costringe l'individuo a giustificare il fatto di essere vivo come se questa condizione non fosse propedeutica al godimento di tutti gli altri diritti ha fatto un altro balzo in avanti.
Com'è triste essere costretti a sperare che dei giudici si mettano una mano sul cuore perchè garantiscano il diritto alla vita ed alle cure ad una bimba malata...
Federico Trombetta
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