lunedì 29 gennaio 2007

"Non cerca il potere la Chiesa degli indifesi" di Carlo Casini



Hanno detto che nella recente vicenda referendaria la Chiesa ha voluto imporre il suo potere, dimostrare la sua forza, opprimere lo Stato laico. A me pare che la verità sia esattamente il contrario. La Chiesa ha accettato il rischio dell’isolamento e persino dell’aggressione da parte del potere che oggi più di tutti sembrava contare, quello mediatico; dell’incomprensione da parte dei "colti"; persino dell’abbandono da parte di alcuni fedeli; di un impoverimento economico (non minacciano forse i radicali e le vetero-femministe una propaganda contro l’8 per mille?). Questa non è una Chiesa che ama il potere. Se la Chiesa avesse cercato le convenienze e il potere avrebbe tentato di adattarsi; rincorso il compromesso, persino tacere. Invece no. Proviamo ad immaginare che cosa sarebbe successo se avessero vinto i referendari. Il cardinale Ruini, dopo l’esito dei referendum, ovviamente non si è dichiarato vincitore. Ha detto soltanto di aver fatto il suo dovere. Quale dovere? Perché? Verso chi? Viene in mente la bolla Sublimis Deus di Paolo III che nel 1537 si alzò in piedi contro il potere e gli interessi dei conquistadores per proclamare che «indios veros homines esse». Così veniva riconosciuta la dignità umana degli indigeni dell’America ridotti in uno stato di vera e propria schiavitù e privati delle loro proprietà dalla forza delle armi spagnole. Non c’è solo la Chiesa di Galileo o di Giordano Bruno per cui Giovanni Paolo II ha chiesto perdono. E non c’è solo la presenza diffusa e molecolare di donne e uomini che vanno in tutto il mondo per stare accanto ai poveri lasciandosi infettare da malattie tropicali, accettando disagi di ogni genere, rischiando la prigione e non raramente la violenza e la morte. Nessuno può negare che questa sia la Chiesa dei poveri. Ma è tale anche la Chiesa che sa alzare la voce in difesa degli ultimi della terra, "oppressi", addirittura nel loro fondamentale "diritto alla vita" (Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae). "Povero" quell’essere umano appena passato dal nulla all’esistenza, magari nel freddo di una provetta? Se "povero", allora il "dovere" di cui ha parlato il cardinale Ruini è uno stretto dovere di carità. La Chiesa non ha difeso un’opinione, neppure un valore, neppure una legge. Ha difeso i figli nella fase più fragile della loro esistenza. Ha impedito che si tornasse a considerarli cose selezionabili, congelabili, distruggibili. "Poveri"? Ho avuto la fortuna di incontrare testimonial ben più autorevoli di qualche attrice o anche di qualche scienziato. Testimoni che di povertà se ne intendevano per averla cercata e condivisa fino in fondo, fino all’estremo, come Madre Teresa di Calcutta, o che l’hanno saputa attraversare, condividere e vincere nell’esempio di una paternità e maternità con larghe braccia, come Zeno Saltini; che l’hanno subita nell’oppressione e nella fatica del lavoro come Karol il grande. Loro hanno parlato dei bambini non ancora nati minacciati di morte come i più poveri tra i poveri. E loro sapevano bene che cosa era la povertà.Adesso l’esito straordinario del referendum suggerisce di continuare. Con arroganza? Per inseguire e umiliare l’avversario? No, per ricominciare. Possibilmente tutti insieme, quelli che gridano solidarietà e quelli che gridano libertà, perché capiscano dove sta la radice della solidarietà e della libertà e la facciano sviluppare in tutte le direzioni.Forse è venuto il momento di un’operante riflessione su quel passo dellEvangelium Vitae che in parte ho prima citato.Rileggiamolo per intero: «Come un secolo fa ad essere oppressa nei suoi fondamentali diritti era la classe operaia, e la Chiesa con grande coraggio ne prese le difese, proclamando i sacrosanti diritti della persona del lavoratore, così ora, quando un’altra categoria di persone è oppressa nel diritto fondamentale alla vita, la Chiesa sente di dover dare voce con immutato coraggio a chi non ha voce. Il suo è sempre il grido evangelico in difesa dei poveri del mondo, di quanti sono minacciati, disprezzati e oppressi nei loro diritti umani. Ad essere calpestata nel diritto fondamentale alla vita è oggi una grande moltitudine di esseri umani deboli e indifesi, come sono, in particolare, i bambini non ancora nati». Un nuovo inizio allora, un nuovo inizio oggi.

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