venerdì 18 maggio 2007

FAMILY DAY


di Federico Trombetta


Mentre il buio pian piano è vinto dalla luce, e la notte fa posto all’aurora, il treno viaggia veloce tra i paesi ed i campi che separano Saronno da Milano. Ed io, seduto vicino al finestrino, appoggio la testa allo schienale e penso mentre guardo il paesaggio che mi corre affianco. Penso che sono le cinque del mattino, che ho sonno e che sto per percorrere milleduecento chilometri in meno di ventiquattro ore.
Raccontata così, non sembra certo una prospettiva allettante. Eppure… eppure c’è dell’altro. C’è il motivo per cui tante persone come me si sono svegliate prestissimo con l’idea di viaggiare per diverse centinaia di chilometri questo sabato 12 maggio 2007. Tanti giovani, ma anche tanti bambini con i loro genitori, tanti nonni, tante famiglie. Stavamo viaggiando per un ideale, per uno scopo nobile e grandissimo, per difendere la cellula fondamentale della nostra società.
E mentre il treno rallenta in vista della stazione di Cadorna penso che anche se per ora non mi riguardano direttamente le politiche fiscali a favore dei figli, anche se per ora non so neppure se e con chi formerò una mia famiglia, non posso non andare a Roma a dire che l’unica famiglia è quella di cui parla la nostra Costituzione, e che questa famiglia deve essere difesa, tutelata e promossa. Non solo da noi, che abbiamo la fortuna di far parte, a diverso titolo, di una famiglia, ma anche da chi ha in mano le leve del potere. Proprio questo chiede il Family day: “un progetto organico e incisivo di politiche sociali a favore della famiglia”, tenendo presente che il legislatore non può confondere i bisogni delle convivenze, che si collocano nella sfera del diritto privato, dalle “esigenze specifiche della famiglia fondata sul matrimonio dei suoi membri”.

Il viaggio, sui due pullman messi a disposizione dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, è lungo ma piacevole. Ed è allietato non solo dalle nuove amicizie che si costruiscono e dai confronti che nascono, ma anche dalla lettura di alcuni articoli sulla manifestazione che ci attende pubblicati da un giornale solitamente parco e moderato. L’apertura era tutta per la contromanifestazione di piazza Navona (“l’orgoglio laico” dei radicali e dell’estrema sinistra, per festeggiare (?) il divorzio), considerata un fulgido esempio di libertà contrapposto alla manifestazione cattolica che, secondo loro, ha il solo scopo di limitare l’allargamento di diritti che invece sarebbe doveroso concedere a chiunque. Il meglio viene all’interno, con un articolo che illustra la “violenza” della manifestazione “cattolica” (ma è “violento” dire che situazioni diverse devono essere giuridicamente trattate in modo diverso?!) e sulla presunta omofobia della stessa. Noi sul pullman leggiamo e ridiamo, e ci chiediamo quante polemiche si sarebbero sollevate se articoli del genere fossero stati scritti prima, ad esempio, del concerto del primo maggio. Purtroppo sappiamo bene che c’è chi è in grado di controllare buona parte della stampa, e che certo non siamo noi.

Quando arriviamo a Roma, la piazza è già gremita. E gremite sono le vie per giungervi. Gli spostamenti sono pressoché impossibili visto l’enorme numero di persone presenti. Giovani ed adulti, nonni e famiglie con bambini, bandiere e cappellini, bottiglie d’acqua e biberon. Questo è il Family Day, la festa del popolo della famiglia. Impieghiamo circa tre quarti d’ora per raggiungere la “postazione” del Movimento per la Vita, da cui ascoltiamo, con altri volontari, i discorsi dei portavoce.

Dopo le presentazioni delle associazioni ed uno splendido Povia (“i diritti dei bambini vengono prima di quelli dei grandi”), Giovanni Giacobbe sottolinea l’importanza dell’evento, perché finalmente “più forte risuoni la voce delle famiglie italiane”. Nonostante i giornali e le televisioni dipingano un’immagine diversa del paese, fatta di violenza in famiglia e di famiglie che si rompono, oggi ricordiamo che le famiglie ci sono e sono tante, e che la politica non può ignorarle.
Eugenia Roccella ci ricorda che “siamo qui perché abbiamo nel cuore un’esperienza fondamentale, che ci unisce: siamo tutti nati nel grembo di una donna, generati da un atto d’amore tra un uomo e una donna”, e che la famiglia ha un ruolo sociale troppo importante per poter essere messa in secondo piano.
Ultimo a parlare è Savino Pezzotta, che evidentemente con la piazza ci sa fare. Il suo discorso è forte ed appassionato, ma soprattutto ricchissimo di significato. Tocca la questione antropologia e l’essenza della famiglia, ricordando ai politici presenti che “abbiamo il diritto di sapere se chi ci governa punta su un modello antropologico centrato unicamente sull’autonomia dell’individuo, sull’utilitarismo delle affettività temporanee e deboli o se invece punta a consolidare quello della dinamica famigliare e pertanto di un’affettività che si incardini nella dimensione della responsabilità sociale”, ed ai pochi contromanifestanti (tremila, forse diecimila) fa notare che “opporsi ad un pluralismo di modelli famigliari non è una battaglia confessionale ma civile e laica che si fonda sul dettato costituzionale e punta al consolidamento del matrimonio civile. Questo non vuol dire non avere a cuore i problemi che riguardano le coppie di fatto: come si legge nel manifesto “Piu’famiglia”, si dice anche un chiaro « sì » alla tutela dei conviventi attraverso il diritto comune”. Il Family Day è una manifestazione di popolo, perché “i ceti popolari, a differenza di chi frequenta i salotti buoni, conoscono bene il valore della famiglia”.

Ci avviamo verso casa quando sono ormai le otto di sera, ed i telegiornali stanno già riportando l’imbarazzante (per quelli di piazza Navona) confronto tra le due manifestazioni, commettendo però l’errore di far vedere quasi solo i politici, come se il Family Day fosse stata una manifestazione politica. Non hanno capito, o non hanno voluto capire, che in quella piazza c’era un bel pezzo del vero popolo italiano, quello che non si vede in televisione ma che rappresenta la vera essenza e la vera forza del nostro paese, quello che si è astenuto ai tempi del referendum sulla procreazione perché aveva capito meglio di tanti intellettuali che la vita non può essere messa ai voti, e che il 12 maggio 2007 ha capito che di famiglia ce n’è una sola, e che ha bisogno di ricevere, dopo troppi anni di silenzio, una risposta dalla politica.

Arriviamo tardissimo a Milano, stanchissimi ma con il cuore gonfio di gioia pensando a quanta gente ha a cuore la famiglia. Ci avevano accusato di essere confessionali, ed abbiamo citato la Costituzione italiana e la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo; ci avevano accusato di essere “violenti”, ed abbiamo dimostrato di essere decisi e soprattutto propositivi. E intanto il buio pian piano è vinto dalla luce, e la notte fa posto all’aurora.
Federico Trombetta

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bellissimo articolo, bello, intelligente, sereno ed equilibrato.

Anonimo ha detto...

arrossisco...