Lo scherzetto abortista di Vendola
Una delibera per impedire di fatto ai consultori pubblici pugliesi di assumere medici obiettori. Ecco lo scivolone abortista del governatore che si accredita come paladino dei cattolici
Si chiama Potenziamento del percorso di nascita. Ma la delibera della Regione Puglia del 13 marzo 2010 nasconde dietro questo titolo ben altro itinerario. Voluto dall’assessore alla Sanità Tommaso Fiore, il progetto si basa sulle indicazioni contenute nel Piano regionale di salute 2008-2010. Leggendolo si scopre che ci sarà «un progressivo riposizionamento del personale sanitario che solleva obiezione di coscienza». Ma che significa esattamente riposizionamento? Lo si capisce dall’allegato alla delibera. Al punto 4.1.4 si legge infatti che «il progetto viene parzialmente modificato destinando le risorse all’assunzione esclusiva dei medici ginecologi e di ostetriche (...) per integrare la dotazione organica di personale di n. 1 medico ginecologo non obiettore, n. 2 ostetriche non obiettrici per Asl». L’assessore Fiore, in un articolo apparso sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 14 luglio scorso, in risposta ai medici che hanno impugnato la delibera davanti al Tar, ha obiettato che «i medici cattolici a volte leggono cose non scritte nelle delibere». La cosa fa sorridere Donato Dellino, ginecologo del San Paolo di Bari e tra i firmatari del ricorso, secondo il quale «la norma parla chiarissimo. E data la sua gravità penso che il Tar possa solo pronunciarsi a nostro favore». Anche per l’avvocato Nicolò Mastropasqua, che ha presentato il ricorso al Tar pugliese, «il fatto è scandaloso sia perché va contro un diritto umano, non solo tutelato dalla legge 194 sull’aborto ma anche dalla Costituzione e dal diritto internazionale, sia perché si nasconde dentro una delibera lunga e dal titolo fuorviante». Secondo l’avvocato accettare la normativa della giunta Vendola significa aprire la strada legale «perché gli obiettori siano espulsi anche dalle farmacie e dagli ospedali». Impressiona pensare che i consultori siano nati per rimuovere le cause dell’aborto, mentre oggi sono invece «sempre più utilizzati per lo scopo inverso», racconta Lucia Crescini, medico presso un consultorio privato dell’Emilia Romagna. «Sì perché, di fatto – continua la dottoressa Crescini – quello che vuole Vendola nella mia regione è già realtà. Da quando mi sono laureata, nel 1980, ho cercato di entrare in consultorio diverse volte. Arrivavo sempre al vertice della graduatoria, ma poi trovavano le scuse per buttarmi fuori prima ancora di lasciarmi cominciare a lavorare. Alla fine ho dovuto rassegnarmi a stare nel privato. Però una legge qui non c’è. E avere il coraggio di arrivare persino a mettere per iscritto la discriminazione mi sembra davvero troppo. Anche se forse può spronarci a reagire a livello nazionale».
Una discriminazione già in atto
Per Dellino, infatti, non si può continuare a subire la situazione «come accade da troppo tempo. Bisogna mettersi insieme e reagire». Perché prima ancora che legislativo il problema pare essere «la paura e la solitudine che hanno ridotto l’obiezione a un atto passivo che il medico nasconde. Dovesse passare una legge simile i medici più deboli potrebbero cedere e accettare di farsi esecutori di un omicidio». Forse l’unico fatto positivo è che un’ingiustizia tanto palese e messa per iscritto può far reagire l’opinione pubblica e dare più coraggio ai medici obiettori. Nicola di Natale, presidente dell’associazione Medici Obiettori, conferma che «è vero, la discriminazione di fatto c’è. Ma anche una debolezza dei medici, basta pensare che l’Ordine non si è ancora pronunciato sul fatto. Però, la follia della giunta Vendola ci costringe a ripensare perché facciamo obiezione e cosa voglia dire». Da anni sembra che molti medici che si dichiarano obiettori lo siano più di nome che di fatto: «C’è chi stabilisce i limiti dell’obiezione e chi la sminuisce, come fosse un atto passivo. Ma la posta in gioco è diversa: io non potrei mai accettare che il mio lavoro si riduca a un non fare. Quando faccio obiezione non dico di no alla donna, ma entro in rapporto con lei. L’aiuto, le propongo un’alternativa e mi implico. Che medico e uomo sarei altrimenti? Di certo né libero né realizzato».
E questo non vale solo per il medico. Lo dimostra Crescini, che ricorda che le donne non aspettano altro che qualcuno le guardi: «Quando arrivano in consultorio convinte di abortire non hanno nessuno che le abbia mai messe davanti ad un’alternativa. Io comincio i colloqui così: “Sappia che se si siede non le faccio il certificato, ma se vuole parliamo”. Accettano sempre e paiono fiumi in piena. Posso dire che circa il 90 per cento di loro cambia idea». Ma cosa rispondere a quanti dicono che con l’aumento degli obiettori i consultori non rilascerebbero più i certificati abortivi, non lasciando quella libertà di scelta che comunque la 194 prevede? L’avvocato Mastropasqua risponde «che è una bufala. I certificati li può rilasciare qualsiasi medico, tanto che la legge non prevede questa attività nei consultori. Non c’è argomento che tenga. Perciò, se il Tar difendesse la delibera compirebbe un palese atto antidemocratico che porteremmo di fronte al Consiglio di Stato e, se non bastasse, alla Corte di giustizia europea».
FONTE: www.tempi.it
Nessun commento:
Posta un commento