domenica 18 febbraio 2007

alla professoressa Elena Cattaneo

LETTERA AD UNA PROFESSORESSA

Lettera aperta alla Professoressa Cattaneo


Siamo studenti presso le Facoltà scientifiche di questo Ateneo. Ci appassiona la possibilità di approfondire la conoscenza della realtà che ci circonda, in tutti i suoi aspetti. Anche per noi, at-traverso lo studio, fare scienza è in qualche modo il nostro lavoro quotidiano. Per molti di noi una delle più alte aspirazioni è poter diventare ricercatori, per contribuire al suo sviluppo. La scienza nella nostra epoca si è dimostrata uno dei rami più fertili della conoscenza umana e più decisivi nel-lo sviluppo di una comunità. Non si può rimanere indifferenti quando nel giro di qualche decennio il metodo scientifico ci ha consentito di aprire finestre su problemi che, non molto tempo fa in fon-do, sembravano fuori dalla nostra capacità intellettiva. Come è possibile non stupirsi di fronte alla decifrazione del codice del genoma umano? O come, per fare un esempio, non entusiasmarsi di fronte alla possibilità di fare affermazioni sensate sui primissimi istanti dell’universo? Il potere e le potenzialità della scienza ci appaiono oggi come grandissime evidenze. Ma dentro questa grande avventura di conoscenza, siamo proprio sicuri che il fine giustifichi i mezzi? Ci sembra che ogni se-rio impegno di ricerca metta in gioco due attori protagonisti: la nostra domanda, la nostra sete di capire e la realtà. C’è qualcosa che sta più in profondità di qualsiasi brevettabilità futura, che è più originale di qualunque possibile applicazione, pur importante che sia: è l’oggetto del nostro studio, che detta sempre il metodo al nostro lavoro. Per questo siamo usciti molto preoccupati, forse anche un po’ sconcertati, dal convegno pubblico che lei ha organizzato nella nostra Facoltà1. È possibile fare ricerca, senza porsi la domanda principale: che cosa ho di fronte? Nella fattispecie: che cosa è l’embrione? È vita umana?
Lei ha proposto di delegare la risposta a tali domande alla coscienza del singolo, alle confes-sioni religiose, lasciando intendere che non sia possibile affermare niente di certo su un tema come questo. Ma se anche così fosse, se non fossimo sicuri che una certa realtà sia "essere umano", non sarebbe comunque più ragionevole rimanere prudenti? Forse ha fatto parlare dei preti (che se lei ha notato hanno difeso più la ragione che il catechismo) perché i "laici" invitati davano risposte fran-camente impresentabili, come quella dell’"etica a stadi". Ci inquieta profondamente questa teoria, che è stata proposta dal prof. Demetrio Neri, docente di Bioetica all’Università di Messina, secondo la quale dovremmo creare diversi livelli o "stadi" di valore nelle espressioni della vita umana, in particolare, assegnando un livello più basso alla persona non ancora completamente sviluppata (embrioni e feti) rispetto al livello umano vero e proprio. Ma questo non equivale a formulare una
1 "Le cellule staminali embrionali umane" organizzato da UniStem, centro di ricerca interdipartimentale fondato nel nostro Ateneo, e svoltosi presso l’Aula A della facoltà di Farmacia il 31/01/2007
scala di dignità basata sulle potenzialità che essa può raggiungere? Potremmo per esempio avere gli schizofrenici, i down, i malformati, ad occupare stadi leggermente inferiori a quello di un adulto considerato sano. E così via. Avremmo così giustificato, grazie alla teoria del prof. Neri, una classi-ficazione degli esseri umani che ci risveglia sinistri ricordi. Ancor più ci sconcerta l’affermazione, emersa durante il convegno, che "è giusto usare embrioni umani, così salveremo la vita a molti a-nimali che oggi dobbiamo sacrificare alla ricerca." È questo il massimo sforzo conoscitivo che un gruppo all’avanguardia del nostro ateneo può o vuole produrre per "difendere" la legittimità della propria ricerca?
Sono esempi di un errore in cui possiamo cadere, ma che dobbiamo combattere. Crediamo che ci sia un problema di metodo, che consiste in un uso troppo ristretto della ragione, come se essa si arrestasse non appena entrano in gioco questioni che non possono essere decise in base al metodo scientifico. Così ci atteggiamo a intransigenti ricercatori, giustamente rigorosi, quando si parla di DNA, codice genetico, cellule toti-potenti, mentre lasciamo campo libero alle più svariate interpre-tazioni su problemi come la vita e l’etica. Nelle questioni più decisive, che ci interessano di più co-me uomini, riponiamo l’arma della ragione nel fodero. Ma non abbiamo bisogno di attendere ulte-riori progressi della ricerca scientifica, ulteriori esperimenti o dimostrazioni, per stabilire che, se un embrione non viene soppresso, si mostrerà come quell’individuo umano che è fin dall’inizio, e non ne verrà fuori un elefante o un topolino. Qui si tratta di un uso elementare, e anche più ampio, della ragione senza del quale siamo destinati ad essere prede della dittatura delle interpretazioni su tutti i temi più importanti dell’esistenza umana. Non vogliamo essere bambini che pretendono di provare tutto, accettando di farsi trascinare via dai mille venti ideologici che ci circondano. Vogliamo essere uomini che non rinunciano a scegliere, usando fino in fondo la propria capacità di giudizio.
Michele Benetti –Presidente della Conferenza degli studenti dell’Università degli Studi di Milano
Enrico Toso –Rappresentante del Consiglio di Facoltà di Scienze matematiche,fisiche e naturali
Beatrice Bignami - Rappresentante del Consiglio di Facoltà di Medicina Veterinaria
Daniele Cosi - Rappresentante del Consiglio di Facoltà di Farmacia
Riccardo Branca –Studente della Facoltà di Farmacia
Agnese Taboni –Studente della Facoltà di Farmacia
Alessandro Carabelli - Studente della Facoltà di Farmacia
Maddalena Nizzola - Studente della Facoltà di Farmacia
Per adesioni o commenti:lettera.aperta@gmail.com

2 commenti:

Giovanni ha detto...

Complimenti a questo gruppo di studenti e all'iniziativa che hanno intrapreso. Andate avanti così, la dignità della vita deve essere promossa in ogni momento!!!

movitmilano@gmail.com ha detto...

Sottoscriviamo tutti!!!!

La mail a cui sottoscrivere è lettera.aperta@gmail.com , vi chiedo, nel caso aderiste, di specificare una vostra qualifica o titolo, io ad esempio ho messo studente.
Sottoscrivere non implica niente, solo dire che siete d’accordo con ciò che scriviamo.