mercoledì 21 febbraio 2007

MPV: Esposto al procuratore sul caso della mamma-bambina

ESPOSTO AL PROCURATORE GENERALE DI TORINO SUL CASO DELLA MAMMA-BAMBINA

Il Movimento per la vita ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Torino in merito al caso della mamma-bambina che in qualche misura sarebbe stata spinta all’aborto contro la sua volontà. Un caso che presenta “aspetti di singolare delicatezza e di tale interesse generale da far apparire opportuno un esatto accertamento dei fatti ed una loro autorevole interpretazione alla luce della legislazione vigente”. L’esperienza più che trentennale dei 280 Centri di aiuto alla vita e delle circa 60 Case di accoglienza del Movimento per la vita dimostra che “spesso la decisione di aborto matura sotto la pressione di familiari, amici, dell’ambiente in genere, oppure nella percezione della donna di trovarsi in una estrema solitudine sotto il peso di difficoltà economiche o psicologiche che le sembrano schiaccianti. In base alla legge 194 ed alla sentenza Costituzionale n. 35 del 1997 “l’aborto non è espressione di un diritto di libertà, ma la risposta ad uno stato di necessità, che sarebbe bene rimuovere. Il bene protetto è la vita umana non l’aborto. Se la donna non vuole ricorrere alla Ivg e non c’è alcun rischio di aborto clandestino, quello legale non può certo essere imposto. Che la madre sia troppo giovane non è una ragione che giustifica l’aborto se ella non lo vuole”. “Non sappiamo come concretamente si sia svolta la triste vicenda di Torino. Non conosciamo neppure l’età gestazionale della ragazza. Sappiamo ciò che la legge dice: nei primi tre mesi di gravidanza se entrambi i genitori consentono all’Ivg non c’è bisogno di ricorrere al Giudice tutelare. In questa ipotesi sarebbe terribile che il ricorso al giudice fosse stato effettuato per imporre alla ragazza una scelta che essa rifiutava”. Fa riflettere anche l’ipotesi per la quale “il passaggio prima attraverso il consultorio e poi attraverso l’ufficio del Giudice tutelare sarebbe stato necessario per la mancanza del consenso del padre di Valentina, neppure interpellato (non si capisce bene perché). In tal caso si può anche immaginare un atteggiamento di timidezza o contraddittorio di Valentina, ma sembra difficile escludere il suo pianto e, almeno a tratti, il suo rifiuto di abortire”. La richiesta che allora viene posta al procuratore di Torino è di accertare se “le istituzioni, in particolare i consultori, i medici, il Giudice tutelare, abbiano operato in modo da capire fino in fondo la situazione, da fare emergere la reale volontà della donna, liberandola da indebite pressioni dirette o indirette, da favorire se possibile, la prosecuzione della gravidanza. La legge 194 punisce l’inadempimento di questa procedura (art.19) così come punisce in modo severo l’aborto su donna non consenziente (art. 18) e comunque l’aborto che avviene per negligenza (art.17)”

2 commenti:

Anonimo ha detto...

E' ora di dare una spallata all'idea che l'aborto sia un bene da tutelare. E questo è il primo passo.

Giovanni ha detto...

Troppa gente ancora considera l'aborto un diritto di libertà, mentre la legge 194, benché abbia avuto conseguenze devastanti, dice tutt'altro.